E dopo l’India finalmente si vola in Nepal, sarà una tappa molto veloce, tre giorni in tutto, compreso arrivo e partenza, per cui il tour è tutto concentrato in un giorno solo, nel quale ho potuto assaporare la spettacolare valle di Katmandu. Era una meta che girava nell’aria già dallo scorso anno, ma si sa, Nepal uguale trekking, trekking uguale “mamma mia muoio”, quindi è rimasto un sogno, un’idea, poi il viaggio in India con estensione Katmandu è stato un colpo di fulmine anche se l’idea e tutt’altro. Bene, e Nepal sia!
Arrivo all’aeroporto interazione da Katmandu direttamente da Varanasi, l’impatto non è dei migliori, una calca assurda di persone provenienti da ogni dove, sta tentando di capire come avere il visto (si può fare anche in Italia, ma con 30 dollari e senza troppo sbattimento si può fare tutto in loco, ma bisogna ricordarsi di portare con se due belle foto tessera); la coda è un disastro, c’è gente buttata a terra che compila febbrilmente dei fogli dalle dimensioni improponibili, osservo la scena e cerco di capire, poi afferro anch’io uno di questi papiri e comincio a compilare quanto richiesto: nome, cognome e via dicendo, tranquilli qui non vi chiedono se siete un narcotrafficante armato, o se praticate attentati come in USA. Disbrigate le pratiche possiamo lasciare l’aeroporto, fuori mi aspetta un auto, sono le 17 e verrò scortata, dopo un giro panoramico della città al Cronw Plaza di Katmandu, che purtroppo è lontano dal centro e abortisce tutte le mie idee e progetti di evasione. La città si presenta benissimo, adagiata a 1300 mt d’altezza nella lussureggiante valle che porta il suo nome, il tempo non è dei migliori, ma qualche squarcio nel cielo mi fa intravede il blu e le falde dell’Everest, quindi è già tantissimo! Inoltre arrivare qui dall’India non ti fa percepire l’eccesso di caos e smog, anzi, mi pare tutto così ordinato e tranquillo rispetto a quanto lasciato poche ore fa.
Arrivata in camera mi godo il panorama mozzafiato, la città ai miei piedi e le montagne a farne da contorno, mentre il sole, tramonta cercando comunque di fare capolino tra le nuvole monsoniche, insomma un sogno quando si avvera a questo sapore dolce.
La mattina di buon ora sono pronta per la scoperta della città, il tempo non è dei migliori, l’umidità è altissima, ma i 25 gradi la rendono meno pesante di quanto provato a Delhi, per cui k-way e via, si parte. Arriviamo in centro, è ci lasciamo trascinare dal caos delle strade che si snodano senza ordine apparite, tra file di negozi che vendono qualsiasi cosa, qui, almeno nessuno ti importuna proponendoti qualsiasi genere di merce, o meglio qualcuno c’è ma paragonato agli indiani è sicuramente un dilettante. Cosa non bisogna perdere a Katmandu? Durban Square! Un intreccio di palazzi, pagode e templi, tutti insieme tutti li, a portata di turista.
La guida ci spiega la struttura e la storia della città, ma io sono troppo incantata dal posto e infatti non ricordo una parola di spiegazione, tranne forse la storia della Dea vivente, la Kumari, questa bambina di 9 anni, vive reclusa in una delle case che si affacciano su Durban Square e viene appunto venerata in quanto Dea. Una storia suggestiva se non si pensa alla protagonista. Comunque il nostro viaggio continua, compresa la scalata sulla pagoda a 9 piani all’interno del cortile del palazzo reale, da qui la vista è decisamente mozzafiato.
Una volta scesi ci dirigiamo verso Freak Street conosciuta negli anni 60’/70′ come la via degli hippy, in cerca di sballo e di loro stessi… Ora è una via piena di negozi strani e interessanti, peccato non avere più tempo. La visita continua, questa cola ci dirigiamo verso sud e tra un cortile, una stupa e un tempio raggiungiamo la macchina che ora ci porterà a vedere prima la stupa Boudnath e poi il sito induista di Pashupatinath.
La stupa è una sorta di grande panna cotta, sulla cui somma si trova una specie di torre con tanto di occhi e naso, il tutto racchiuso da una fitta ragnatela di bandierine con le preghiere tibetane, ok, detta così fa un po’ schifo, ma vi assicuro che trovarvela davanti è uno spettacolo!
Così come il senso di pace che ti avvolge mentre cammini con il naso all’insù. Il tempo di fare i giro e di guardare i negoziati che si affacciano sulla piazza e siamo di nuovo in macchina per la seconda destinazione.
Il sito induista è molto grande, costa un tempio (che gli occidentali non possono visitare), un ospizio, una serie di tempi e tempietti dalla foggia indiana, il fiume sacro e i gath per la cremazione. Insomma un concentrato di India in Nepal. Passeggiamo tra i vari templi e finalmente un po’ di sole fa capolino tra la spessa coltre di nuvole.
Ora ci dirigiamo verso Patan, ultima tappa della nostra visita. La cittadina dista cerca 16km da Katmandu e fa parte sempre della valle, più piccola e più suggestiva della capitale, ci accoglie con una piccola Durban square e un ristorantino niente male dove decidiamo di assaggiare il piatto tipico nepalese: i nomo, ossia ravioli al vapore sia di verdura, che di carne o pesce. Deliziosi, ma la salsetta, a parte, è fuoco puro.
Dopo pranzo ci gettiamo nuovamente nella mischia e visitiamo la città a piedi, anche qui lasciandoci trascinare dalla strana atmosfera sospesa, sempre stradine, sempre scorci inaspettati fino ad arrivare al Golden Temple: assolutamente da non perdere!
Un’altra cosa che mi è piaciuta della valle sono stati i pozzi in città, con acqua finalmente limpida e chiara, dove la gente si lava, beve, gioca… una sorta di riscatto, visto che sono giorni che ci ripetono di non bere acqua dal rubinetto, di stare attenti all’acqua etc…
Purtroppo il mio Nepal finisce qui, ma con la promessa di tornare, per poter vedere anche il resto, e magari aggiungendo una capatina in Tibet, altro sogno da far avverare…