Visto che scrivere, da casa, un diario giornaliero della vacanza, lo trovo piuttosto noioso, sia per me che lo scrivo sia per coloro a cui tocca leggerlo, ho deciso di fare un post unico, cercando di non dilungarmi troppo ma facendovi viaggiare con me almeno un pochino.
In primis diciamo che ancora non mi sono ripresa dall’esperienza, che l’India sta ancora lavorando dentro di me e che serve tempo per dare un senso a quello che ho visto e che ho provato. Sicuramente mi porto a casa un po’ più di consapevolezza di quanto io, in fondo, sia una persona fortunata, una persona che può viaggiare, sperimentare, vivere la propria vita con serenità e agio, vedere la gente che vive e dorme tra la spazzatura e le pire funerarie cambia decisamente le prospettive.
Allora vi avevo lasciati a Jaipur e da li riparto, in tutti i sensi visto che lasciamo Jaipur per dirigerci ad Agra, anche se lungo la strada faremo un paio di fermate per vedere due posti molto suggestivi. Insomma siamo in pulmino lungo le “autostrade” indiane, che non sono, ne più ne meno, che piste semi asfaltate che corrono tra montagne di nulla e spazzatura, l’unica cosa che balza all’occhio, di tanto in tanto, sono dei colori sgargianti in mezzo ai campi, sono i sari delle donne, infatti, per quanto umili e per quanto duro sia il loro lavoro, indossano sempre questo lungo drappo di stoffa coloratissimo, che ti obbliga a seguire con lo sguardo, che ti ipnotizza e ti lascia incredulo.
Anche oggi pare che il monsone ci rincorra, il cielo è basso e carico di acqua, ma la scamperemo nuovamente e così possiamo goderci la visita al pozzo Chand Baori nel villaggio sperduto di Abhaneri , reso famoso ai più per una prova di Pechino Express.
Per poi proseguire e fermarci a visitare la città fantasma di Fatehpur Sikri, che tanto fantasma non è più, visto l’alto flusso turistico da cui viene invasa. E’ comunque un posto incredibile, in arenaria rossa, composto da cortili, fontane, piscine e tempietti, il tutto con vista sulla valle. Molto molto suggestivo.
Stanchi, accaldati e un po’ affamati proseguiamo verso Agra, domani ci aspetta il Taj Mahal.
Di buon mattino siamo già in pista, pronti a vedere una delle 7 meraviglie del mondo, questo luogo consociato all’amore, una sorta di “balcone di Giulietta” in salsa al curry. Non mi dilungo sulla storia di questo mausoleo, ma voglio dirvi di quanto mi abbia colpito, di quanto sia un posto dove l’amore è tangibile e lo si respira tra il marmo bianco e i giardini ben tenuti, sembra che l’India della spazzatura e della puzza nauseabonda, sia rimasta fuori, che il metal detector non l’abbia lasciata entrare. C’è moltissima gente, ma tutti paiono quasi impauriti da quello che si trovano davanti, e per un po’ tacciono sbalorditi.
Bello davvero.
Dopo tanto bianco è ora di tornare al rosso e ci spostiamo a vedere il forte di Agra, per l’appunto il forte rosso! In netto contrasto con quanto appena visto, qui però troveranno una parte bianca da cui il re seguiva i lavori del mausoleo e trasformava il forte nella sua prigionia. La storia è molto toccante…
Anche qui perdiamo nel dedalo si corridoi, terrazze e scalinate, per poi riaffiorare alla realtà e ritornare in hotel.
Siamo al giorno 6 e ci aspetta un altro viaggio, questa volta in treno, un’esperienza unica! Il treno è stracolmo di gente con ogni genere di mercanzia, ma nessuno disturba e l’ora e mezza passa veloce, portandoci a Gwailor, dove ci ritroviamo nuovamente sulle orme di Pechino Express perché andiamo a visitare anche il qui forte, decisamente spettacolare vista la posizione abbarbicata sul fianco di uno strapiombo suggestivo. Qui si intravede ancora un po’ del colore originario, il blu pavone fa capolino tra il rosso e giallo dell’arenaria.
Il viaggio di oggi non è ancora finito dobbiamo rimetterci in strada, destinazione: Orchha, la città dei colori.
Tra uno scossone ed un altro, tra una mucca e un frontale evitato, arriviamo a destinazione (sosta a Datia per un vista del panorama e la sua fortezza), dove siamo ospitati in un pittoresco hotel, dove le porte si chiudono con pesanti lucchetti e i letti sono dei baldacchini, con vista sui templi. Non abbiamo molto tempo per rilassarci perché la nostra guida sta sera ha in programma di farci assistere ad una funzione religiosa del tempio.
La mattina arriva presto e lo stupore della cerimonia della sera ci resta appiccicata addosso come il colore delle ciotole del piccolo villaggio, ma ancora siamo ignari di ciò che ci attende, forse il palazzo più bello visto fino ad ora. Questa volta il colore predominante è il giallo, ma si tratta sempre di arenaria…
La leggenda narra che questo palazzo sia stato fatto costruire per un re mongolo solo di passaggio e che dopo avervi alloggiato per una sola notte, non sia mai stato usato. Incredibile!!
Ora mi soffermo sulla notte ad Orchha al Amar Mahal, che definirla pittoresca è dire poco! Dopo la giornata di viaggio di cui più sopra, siamo arrivati in questo hotel, che pare uscito da un libro di fiabe, sono una serie di corti con archi arabeggianti, fontanelle chiacchierine e una vista mozzafiato sui templi della cittadina. Inoltre le stanze sono decisamente in un decadente stile indù con tanto di letti a baldacchino e grossi lucchetti a chiudere le porte delle stanze. Insomma posto splendido, ma per le camere ci è voluta un po’ di fantasia per pensare a quando dovevano essere luccicanti e nuove. Ma ci tornerei domani, solo per godere ancora dell’atmosfera indiana che vi abbiamo respirato.
Bene bene, ora passiamo oltre e siamo al nostro 7° giorno di viaggio, lasciamo Orchha alla volta di Khajuraho e i suoi templi, famosissimi per la filosofia tantrica e del Kamasutra.
Il viaggio è andato bene, sempre inframmezzato da sobbalzi e clacson impazziti, salutando mucche e dromedari e arriviamo in serata a destinazione, dove ci aspetta una serata di balli tradizionali e poi la solita cena a buffet.
La mattina ci si alza presto e si va a recuperare la guida locale che ci spiegherà i templi siti in città. Il posto è incredibile, in mezzo a questo giardino curatissimo spunta questo gruppo di templi dalla struttura simile e riccamente di decorati in ogni loro angolo e pertugio! Da restare senza fiato! Praticamente ogni tempio è ricoperto di piccole statue che raffigurano animali, uomini e donne, nelle pose più varie, le danzatrici sono veramente molto belle, così come gli elefanti. Ma veniamo alle scene , lo so lo so che volete sapere come sono, in una parola: acrobazie! Altro che 50 sfumature di grigio, questi dovevano avere muscoli niente male e aver frequentato una scuola circense. Io in alcuni casi mi sono dovuta soffermare a cercare di capire come cavolo erano messi.
La giornata ancora non è finita, quindi dopo aver visto un altro complesso di templi, torniamo in hotel per un pranzo veloce e poi saltiamo su una bella jeep e si parte alla volta della giungla! Praticamente siamo diretti al Panna National Park dove, solitamente vivono le tigri, ma non in agosto, così ci siamo “accontentati” delle scimmie e delle cascate, inoltre ci siamo concessi un aperitivo “in the middle of the jungle” a base di patatine e cocacola.
La mattina successiva ci vede in viaggio verso Varansi, via aria, con un bel volo interno, tanto caldo e un sacco di timbri sulla carta d’imbarco! Arrivo nel pomeriggio nel caos più totale di una delle città più importanti di tutta l’India. Neppure il tempo di un passaggio in hotel e siamo già nel caos più completo delle stradine di questa bolgia infernale. A bordo nuovamente di due risciò lasciamo che il traffico ci inghiottisca, direzione: fiume Gange. Qui assistiamo ai riti della sera, peccato per l’acqua alta che ha impedito lo svolgimento sui Ghat, facendo perdere un po’ di spettacolarità al tutto. La mattina dopo, una bella sveglia alle 4 del mattino ci riporta nuovamente al fiume, questa volta per i riti del mattino, ma niente navigazione, davvero troppa acqua. La passeggiata tra le viette della città vecchia è una prova forte sia per lo spirito che per il fisico… bisogna stare attenti ad ogni passo e ad ogni respiro per evitare di sprofondare in un mare di sudicia decadenza umana…
Cos’altro abbiamo visto a Varanasi? Due siti legati al Buddha: il tempio dove ha fatto il suo primo sermone e poi la stupa dove la leggenda narra che siano custodite le sue ceneri.
E poi arriva il momento di salutare questa terra, l’India cosa mi ha lasciato? Ancora non lo so, devo fare in modo che il viaggio mi entri dentro, che decanti tra i sensi per capirlo un po’ meglio. Sicuramente la parola India sarà per sempre legata a doppio filo alla parola colore, la “mia” India oggi è colore, vibrante, puro e assoluto, domani non so…
Il post è veramente lunghissimo, per cui mi fermo qui, ma a breve seguirà quello sul Nepal, tranquilli sono solo due giorni.
3 commento
Viaggio molto intenso come si deduce dal tuo racconto, di quelli che ti restano dentro, con le tante storie, le immagini, i colori ed i sapori.
Fabio
Si, ma mi rendo conto che il viaggio va poi “riletto” per comprenderlo meglio e portarlo con se come nuovo bagaglio!
Grazie per la visita
[…] com’è l’India, così mi sono riletta il post che avevo scritto a tuo tempo (lo trovate qui) e come allora penso che l’India sia sinonimo di colore, in ogni sua forma. Il colore dei […]